LA RESPONSABILITÀ SOLIDALE TRIBUTARIA DEL PRESIDENTE DELL’ASSOCIAZIONE NON RICONOSCIUTA – Avvocato Daniele Monari

Sommario:
1. I termini della questione.
2. La responsabilità solidale ex art.38 c.c.
3. Consigli pratici per “gestire” il contenzioso.

  1. I termini della questione.

Accade sempre più di frequente che l’Agenzia delle Entrate si rivolga, per il pagamento del maggiore debito d’imposta accertato in capo all’associazione non riconosciuta (c.d. enti no profit), personalmente” al suo Presidente invocando la responsabilità solidale ex art.38 c.c. per i debiti tributari contratti dall’associazione.

Accade spesso nella pratica di vedere che il Presidente eviti di difendersi personalmente eccependo l’assenza dei presupposti previsti dalla legge per la sua chiamata come “obbligato in solido” e punti tutto solo ad impugnare e far annullare l’atto impositivo notificato all’ente associativo, senza quindi una difesa personale e diretta della sua posizione di “garante obbligato in solido ex art.38 c.c.”.

Pertanto, ci si è domandati se il Presidente risponda sempre ed “automaticamente” dei debiti fiscali dell’associazione non riconosciuta, oppure se tale tipo di responsabilità solidale necessiti di particolari condizioni per essere attivata nei confronti del Presidente per le obbligazioni fiscali facenti capo all’ente associativo.

Con il presente contributo si è cercato di sviscerare il problema alla luce della giurisprudenza sia “civile” che “tributaria” della Suprema Corte intervenuta sul punto, al fine di fare chiarezza e circoscrivere gli effettivi poteri degli enti impositori di attivare la responsabilità solidale ex art.38 c.c. nei confronti del Presidente dell’associazione.

  1. La responsabilità solidale ex art.38 c.c.

Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte la responsabilità solidale ex art.38 c.c. è una responsabilità ex lege,accessoria”, “non sussidiaria”, per debito altrui (assimilabile alla fideiussione), attraverso la quale del debito contratto dalla “Associazione non riconosciuta” (obbligato principale), rispondono anche personalmente e solidalmente, le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione.” (art.38 c.c.).

E’ una responsabilità ex lege “accessoria per debito altrui” in quanto non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell’associato visto che sussiste una netta separazione tra il patrimonio dell’ente e quello dei singoli associati (autonomia patrimoniale). La responsabilità solidale ex art.38 c.c. è stata prevista dal Legislatore in quanto permette di controbilanciare l’assenza di un sistema di pubblicità legale che metta in condizione quanti entrano in contatto con l’ente di conoscere il suo effettivo patrimonio. In tal modo, la presenza del responsabile ex art.38 c.c., che subentra in via “accessoria” e solidale con l’ente attraverso il proprio patrimonio personale, funge da garanzia verso i creditori. Ne consegue che l’obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per l’ente è inquadrabile fra quelle garanzie ex lege, disposta a tutela dei terzi assimilabile alla fideiussione.[1]

Da ciò deriva che:

  1. a norma dell’art.1944 c.c. la responsabilità solidale ex art.38 c.c. non è a carattere “sussidiario” in quanto il soggetto solidamente responsabile non gode del beneficio della preventiva escussione, di conseguenza il creditore può ignorare la consistenza economica del “fondo comune” dell’associazione e fare affidamento sulla solvibilità di chi ha negoziato con lui agendo direttamente nei sui confronti;
  2. a norma dell’art.1957 c.c. la responsabilità viene meno se il creditore non abbia proposto le sue istanze entro 6 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale;

Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte la responsabilità solidale prevista dall’art.38 c.c. di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione (Presidente), ma è collegata all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa e diretta alla creazione di rapporti obbligatori fra questa e i terzi. Quindi, nelle associazioni non riconosciute i legali rappresentanti (Presidenti) non rispondono sic et simpliciter dei debiti dell’Ente in base al loro ruolo rivestito all’interno dell’ente. La responsabilità è prevista dall’art.38 c.c. esclusivamente per coloro i quali hanno agito in nome e per conto dell’associazione nell’ambito del singolo e specifico rapporto obbligatorio fatto valere dal ceditore. La conseguenza di tutto questo è che il creditore che invoca tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta dal presunto obbligato in solido in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente associativo.[2]

Appare doveroso segnalare che di recente sotto il profilo strettamente tributario questo aspetto probatorio a carico del creditore (Agenzia delle Entrate) è stato “mitigato” dalla giurisprudenza tributaria della Cassazione la quale ha avuto occasione di rilevare che “l’obbligazione tributaria consiste in una fattispecie a formazione progressiva dove la parte finale è rappresentata dalla presentazione della dichiarazione, ed in quel momento l’obbligo tributario incombe in capo a chi ne ha la legale rappresentanza” (Cass. n.5684 del 31/01/2019). Inoltre, “per il principio di autonomia del diritto tributario rispetto a quello civile e della fonte legale dell’obbligazione tributaria, non si può pensare ad una esenzione da responsabilità solidali adducendo il solo fatto di non aver avuto alcuna ingerenza nella gestione dell’associazione. Ciò in quanto il legale rappresentante oltre a dover presentare le dichiarazioni fiscali fedeli, è anche tenuto ad operare le eventuali e necessarie integrazioni/rettifiche nel caso in cui si accorga che i dati sono inesatti, con la naturale conseguenza che è anche obbligato ad effettuare i dovuti versamenti scaturenti dalle citate dichiarazioni fiscali. Pertanto, ciò che conta ai fini della responsabilità non è soltanto l’ingerenza o meno nella gestione: è necessario appurare se il rappresentante stesso, pur non avendo alcun ruolo nelle attività negoziali dell’ente abbia adempiuto ai predetti obblighi tributari. (Cass. n.22861 del 17/07/2018).

Quindi, nel caso dell’obbligazione tributaria, proprio perché questa non nasce su base negoziale, ma ex lege, secondo la giurisprudenza sussiste una “presunzione” di responsabilità solidale ex art.38 in capo a chi ha rivestito, nell’anno d’imposta oggetto di controllo, il ruolo di Presidente/legale rappresentante all’interno dell’associazione. In questo ambito (tributario) secondo la Cassazione il richiamo all’effettiva ingerenza serve soltanto a circoscrivere la responsabilità alle sole obbligazioni che sono sorte durante il periodo in cui la citata carica (Presidente) era attiva.[3]

In ogni caso, appare opportuno sottolineare che, anche per le obbligazioni tributarie, sulla base del consolidato orientamento giurisprudenziale sopra citato, sussiste pur sempre in capo all’Agenzia delle Entrate (creditore) uno specifico onere di “accertare/individuare” l’obbligato in solido ex art.38 c.c. con un autonomo “avviso di accertamento, non potendo questo limitarsi alla notifica degli atti della riscossione.

Nella logica del rispetto del principio di autonomia e la scindibilità dei rapporti “creditore-debitore” dell’obbligazione solidale tributaria, anche al fine di salvaguardare il “diritto di difesa” (art.24 Cost.) di ciascun coobbligato, la giurisprudenza della Suprema Corte richiede espressamente che l’avviso di accertamento debba essere notificato oltre all’obbligato principale (associazione non riconosciuta) anche all’obbligato in solido ex art.38 c.c. (Presidente), pena nullità dell’atto successivo della riscossione, proprio al fine di permettere all’Ufficio di ottenere un valido titolo esecutivo anche nei suoi confronti.

Sotto questo profilo la Corte di Cassazione, anche di recente, ha avuto occasione di precisare che “in virtù della distinzione soggettiva tra l’ente ed i suoi organi ed in considerazione dei presupposti della eventuale responsabilità accessoria di detti organi, il titolo esecutivo ottenuto nei confronti dell’associazione non riconosciuta non può consentire al creditore di procedere ad esecuzione forzata direttamente nei confronti dei soggetti (che si assumano) solidalmente obbligati con la stessa, senza la previa formazione di un distinto titolo esecutivo nei confronti di quest’ultimi. Diversamente da quanto questa stessa Corte afferma in relazione ai soci illimitatamente responsabili della società di persone (in virtù dell’automatica estensione ad essi della responsabilità per i debiti sociali), in tale ipotesi non può in alcun modo postularsi l’automatica estensione dell’efficacia esecutiva del titolo ottenuto verso l’associazione, nei confronti dei rappresentanti di questa, occorrendo il positivo accertamento, da effettuarsi necessariamente in un giudizio di cognizione, della circostanza che detti rappresentanti abbiano concretamente agito in nome dell’ente nella costituzione dello specifico rapporto obbligatorio fatto valere. […] Il creditore dell’associazione non riconosciuta, se intende valersi della disposizione di cui all’art. 38 c.c., potrà convenire, nel giudizio di cognizione diretto a ottenere il titolo esecutivo, insieme all’associazione, il soggetto che pretende obbligato in solido con la stessa, in proprio, chiedendo accertarsi la sua responsabilità solidale, onde ottenere la condanna sia dell’associazione che del soggetto solidalmente responsabile relativa obbligazione, ai sensi dell’art. 38 c.c. (allegando e provando in giudizio, naturalmente , che sussistono i presupposti per siffatta responsabilità). In caso contrario, se il giudizio di cognizione si svolge esclusivamente nei confronti dell’associazione ( e quindi non ha – e non può avere – ad oggetto l’accertamento dei presupposti per la sussistenza della responsabilità personale accessoria del soggetto che abbia agito per la stessa), il titolo esecutivo che si formerà all’esito del giudizio di cognizione avrà efficacia esecutiva esclusivamente contro l’associazione; ciò è a dirsi pure nell’ipotesi in cui l’associazione sia convenuta in giudizio in persona del suo legale rappresentante, laddove quest’ultimo non sia evocato in giudizio anche in proprio, oltre che nella qualità. Per ottenere un titolo esecutivo efficace anche contro il preteso responsabile, sarà dunque necessario in tale ipotesi un ulteriore giudizio di cognizione da promuovere direttamente contro lo stesso. (Cass. n.12714 del 15/04/2019).

Da quanto sopraesposto appare chiaro che la responsabilità ex art.38 c.c. del Presidente dell’associazione per i maggiori tributi accertati in capo all’ente non è “automatica” come spesso erroneamente si crede, ma richiede preliminarmente che l’obbligato in solido ex art.38 c.c sia individuato dall’Ufficio attraverso uno “specifico accertamento probatorio” debitamente motivato nell’atto impositivo (presupposti di fatto e ragioni giuridiche) e provato nel successivo giudizio tributario.

  1. Consigli pratici per “gestire” il contenzioso.  

Per i motivi sopra descritti, la posizione personale di “obbligato in solido” del Presidente dell’associazione non riconosciuta si presta ad una non facile difesa all’interno del giudizio tributario.

Nella pratica però si riscontrano molti casi in cui è possibile, anche davanti alla soccombenza in giudizio dell’ente associativo, evitare che il presunto “obbligato in solido ex art.38 c.c.” sia soggetto alla riscossione coattiva per il debito tributario dell’associazione.

Può accadere che l’Ufficio notifichi l’atto di accertamento solo all’ente associativo rivolgendosi all’obbligato in solido ex art.38 c.c. solo con atti di riscossione coattiva.

In tal caso, l’operato dell’Ufficio è illegittimo in quanto come si è già detto per la giurisprudenza della Cassazioneil titolo esecutivo ottenuto nei confronti dell’associazione non riconosciuta non può consentire al creditore di procedere ad esecuzione forzata direttamente nei confronti dei soggetti (che si assumano) solidalmente obbligati con la stessa, senza la previa formazione di un distinto titolo esecutivo nei confronti di quest’ultimi. (Cass. n.12714 del 15/04/2019). Per tali ragioni, per giurisprudenza costante, la Suprema Corte impone all’Ufficio la notifica dell’avviso di accertamento oltre all’obbligato principale (associazione non riconosciuta) anche all’obbligato in solido ex art.38 c.c. (Presidente), pena nullità dell’atto successivo della riscossione.

Altre volte nella pratica può accadere che l’Agenzia delle Entrate notifichi personalmente come “obbligato in solido ex art.38 c.c.” l’avviso di accertamento ad un Presidente dell’Associazione (attuale o passato) che però non ha rivestito tale carica nell’anno oggetto di accertamento. In questi casi la difesa è facile, basta dimostrare documentalmente, che il Presidente in questione non rivestiva la suddetta carica all’interno dell’associazione nello specifico anno oggetto di controllo.[4]

Nella pratica però il caso più frequente risulta quello in cui l’Ufficio notifica l’atto impositivo “personale” ex art.38 c.c. proprio al Presidente che nell’anno esaminato rivestiva tale carica. In questo caso l’Agenzia delle Entrate si limita a notificare lo stesso atto notificato all’associazione, anche “personalmente” al Presidente semplicemente in quanto “legale rappresentante” dell’ente associativo senza null’altro aggiungere nella motivazione in merito alla sua responsabilità ex art.38 c.c..

Secondo lo scrivente tale modo di procedere risulta ugualmente illegittimo, in quanto l’individuazione/accertamento del presunto responsabile in solido ex art.38 c.c. non è stato oggetto di uno specifico accertamento probatorio” indispensabile per l’attivazione della responsabilità ex art.38 c.c.. Infatti, si è già visto che secondo la Suprema Corte la responsabilità ex art.38 c.c. in capo al Presidente “non è automatica”, ma proprio perché deve essere oggetto “specifico accertamento probatorio” deve essere prima esplicitata in motivazione dell’atto impositivo (presupposti di fatto e ragioni giuridiche) e poi provata in giudizio dall’Ufficio.

Come si è già detto nel precedente paragrafo, per la Cassazione tale responsabilità non può essere “automatica”, in quanto “non collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per conto di essa[5], ma per le obbligazioni tributarie, questa responsabilità viene solo “presunta” in capo al Presidente in quanto responsabile degli obblighi tributari (dichiarativi e di versamento delle imposte) in quello specifico anno d’imposta.[6]

Appare evidente che per le obbligazioni tributarie, questa “presunzione” non può essere una “presunzione legale relativa”, né tanto meno essere una “presunzione assoluta”, ma costituisce solo una mera “presunzione semplice” (di origine giurisprudenziale) che deve essere pertanto avvalorata dall’Ufficio con elementi “gravi precisi e concordanti” debitamente illustrati nell’avviso di accertamento.

Quindi, anche per l’obbligazione tributaria, per azionare la responsabilità ex art.38 c.c. in capo al Presidente risulta necessario il “positivo accertamento” personale di “obbligato in solido ex art.38 c.c.” con un autonomo avviso di accertamento, che permetta all’Ufficio la formazione di un autonomo titolo esecutivo nei suoi confronti in ordine alla sua posizione di “garante” ex art.38 c.c. per lo specifico rapporto obbligatorio fatto valere (obbligazione tributaria).

Sussiste, quindi, un preciso onere a carico dell’Ufficio di procedere ad uno “specifico accertamento probatorio” da effettuarsi nell’avviso di accertamento in merito all’individuazione soggettiva del responsabile in solido ex art.38 c.c. del quale l’Ente impositore non può prescindere, se vuole rivolgere la “pretesa impositiva” anche contro l’obbligato in solido ex art.38 c.c..

Per le sopraesposte ragioni, lo scrivente consiglia sempre al difensore tributario di mettere in discussione negli scritti difensivi la chiamata del Presidente come obbligato in solido ex art.38 c.c. in quanto l’Ufficio spesso (direi sempre) emette nei suoi confronti un avviso di accertamento privo di uno “specifico accertamento probatorio” idoneamente motivato in merito alla sua qualità di “obbligato in solido ex art.38 c.c.” .

In caso contrario, si dovrebbe accettare la paradossale conclusione che, solo per il diritto tributario, sussiste un’ “automatica” responsabilità solidale ex art.38 c.c. direttamente in capo al Presidente dell’associazione, nonostante il contrario significato letterale della norma e la contraria giurisprudenza della Cassazione civile.

 

(commento a cura di Daniele Monari avvocato tributarista cassazionista in Mirandola e Modena).

[1] In tal senso si veda Cass., Sez. L, n. 1655 del 26/02/1985; Cass. Sez. L, n. 13946 del 27/12/1991; Cass. Sez. L, n. 2471 del 04/03/2000; Cass. Sez. 3, n. 11759 del 06/08/2002; Cass. Sez. 3, n. 22982 del 07/12/2004; Cass. Sez. 3, n. 25748 del 24/10/2008; Cass. Sez. 3, n. 29733 del 29/12/2011; Cass. Sez. 1, n. 12508 del 17/06/2015;

[2] In tal senso si veda Cass. Sez. L, n.1657 del 26/02/1985; Cass. Sez. L, n.5089 del 21/05/1998; Cass. Sez. L, n.8919 del 11/05/2004; Cass. Sez. 3, n. 718 del 16/01/2006; Cass. Sez. 3, n. 26290 del 14/12/2007; Cass. Sez. 3, n.25748 del 24/10/2008; Cass. Sez. L, n. 11207 del 14/05/2009; Cass. Sez. 3, n. 18188 del 25/08/2014; Cass. Sez. 6 – L, n. 8752 del 04/04/2017;

[3] In tal senso si veda anche Cass. n.4747 del 24/02/2020, Cass. n.1602 del 22/01/2019; Cass. n.25650 del 15/10/2018, Cass. n.5746 del 12/03/2007.

[4] Sul punto di recente si segnala un’unica ed isolata pronuncia della Suprema Corte che ha ritenuto di condizionare l’opponibilità ai terzi della cessazione della carica da Presidente di associazione non riconosciuta alla formale comunicazione della “variazione” all’anagrafe tributaria ai sensi degli artt.1, 2 e 7 del D.P.R. n.605 del 1973 (Cass. n.26924, del 22/10/2019).

[5] Per tutte Cass. n.19486 del 10/09/2009.

[6] In tal senso Cass. n.22861 del 17/07/2018 e Cass. n.55684 del 31/01/2019;